Questa, signore e signori, è la storia di un gruppo rock & roll con una cattiva reputazione. La storia poco nota delle Mothers of Invention. Offertavi questa sera grazie alla cortesia della Triangle Productions. E grazie alla cortesia di quelli che hanno comprato i biglietti per assistere a questo evento. Fatevi un bell’applauso, signore e signori, per aver avuto la lungimiranza e il buon gusto di venire qui a celebrare con noi il Giorno delle Mothers e credetemi… (Ehi!) secondo me andate forte! ▶
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Ma, come dicevo, questa è la storia di un gruppo rock & roll con una cattiva reputazione. Rievocate le pagine sfuocate della storia del rock & roll, molto, molto tempo fa, prima ancora che ci fossero i Blood, Sweat & Tears.
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Prima che ci fossero i Kiss
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E i Mandrill, certamente, certamente!
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Loro adesso sono in vena. Sì, sì, sì.
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Molti anni prima dei Mandrill. In una città che si chiama Cucamonga, in California…
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Sì, è così!
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In un posto che si chiama “8040 Archibald Avenue”, a Cucamonga, in California, signore e signori…
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Sì, è così!
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C’era un piccolo studio di registrazione che apparteneva a un ragazzo di nome Paul Buff. Ebbene, prima Paul Buff era nei Marine. Pur essendo basso, era nei Marine. E mentre era lì, oltre a imparare a uccidere la gente gli hanno insegnato a lavorare con il saldatore. E che cosa pensate che abbia fatto quello sconcertante stronzetto? Appena uscito dal Corpo dei Marine ha trovato lavoro alla Convair!
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E odiava ogni minuto di quel lavoro, signore e signori, non gli piaceva proprio lavorare alla Convair, anche se dopo ne avrebbero cambiato il nome in “General Dynamics”.
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Se ne andò da lì, nonostante lo stipendio fosse buono. E decise di entrare nel settore del rock & roll. Non terremo nascosto nessun dettaglio sgradevole sulla nascita di questo gruppo, sapete, quindi se avete fretta di andare a ballare o cose del genere, fareste meglio ad andare a farvi un giro perché stasera vi racconterò tutta la storia.
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Bene. Allora, dovete immaginarvi Paul Buff. È alto suppergiù così, e ehm… con calze rosse, pantaloni elastici neri, scarpe bianche e un cappello di paglia. E pensava di essere figo. E… aveva ragione, considerando che a quei tempi a Cucamonga tutti si vestivano così.
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Dunque, Paul decise che, con le nozioni e l’esperienza che aveva acquisito al servizio del nostro Paese, grazie alla buona… grazie alla buona formazione nel Corpo dei Marine degli Stati Uniti, avrebbe usato la propria esperienza come saldatore per fabbricare tutto da solo sull’Archibald Avenue a Cucamonga - vicino all’incrocio tra la Route 66 e il Foothill Boulevard, non lontano dalla gelateria di Cucamonga, dal ferramenta, dalla Bank of America e da un baruccio irlandese con segatura sul pavimento - Paul Buff avrebbe aperto uno studio per registrare musica surf!
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Ecco quanto fosse fuori. E ancora al giorno d’oggi lui continua ad essere fuori. È talmente fuori da vivere a Memphis.
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Comunque, Paul Buff fabbricò un apparecchio con un vecchio cassettone, un vecchio comò, quella vecchia cosa marrone con i lati ricurvi fatto di impiallacciatura economica. Gli levò i cassetti, gli attaccò dei cavi e delle valvole, e gli mise sopra delle manopole. E dovete immaginarvi questo comò come una di quelle cassettiere che una ragazzina potrebbe avere in camera, con degli squallidi centrini sopra, sapete, rossetti e cose così. Una di quelle. Senza lo specchio. Allora, immaginatevi questo ragazzo, cappello di paglia, calzini rossi, pantaloni elastici neri e un comò con delle manopole, e quella era la sua console di registrazione!
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Ci va dell’ingegno! Ma non si fermò lì; poiché gli serviva un registratore a nastro, se ne costruì uno. Costruì il primo registratore a 5 piste al mondo. È tutto vero. Prese un dispositivo chiamato “Presto”, che usavano nelle radio a budget limitato. Un apparecchio che normalmente funzionava con nastri da mezzo centimetro, e ci montò altre cose per farlo funzionare con nastri da un centimetro. Poi prese delle testine della Norelco per nastri da mezzo centimetro e costruì lui stesso la propria testina multipla a 5 piste. Era alta così e lunga così. Non erano in ordine dall’alto in basso, la traccia uno era qui, la due era lì, la tre era lì, la quattro era lì e la cinque era lì. Il che voleva dire che un nastro registrato con quell’apparecchio non poteva essere riprodotto da nessun’altra parte al mondo. Facciamogli un applauso!
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Sì!
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Dovete anche tener presente che a quei tempi, quando lui fabbricò quella cosa, cioè qualcosa come dieci o dodici anni fa, il massimo nelle tecniche di registrazione negli studi di Hollywood, in California, erano 3 piste, e stavano parlando di passare a 4 piste. Cosa che per loro sarebbe stato davvero un grande passo. Ma da quelle parti Paul aveva costruito quell’apparecchietto a 5 piste. Ecco, quindi, che cosa ci fece. Imparò da solo a suonare il sassofono alto, il basso, la chitarra, la batteria, il pianoforte e poi a cantare. E si chiuse nello studio, notte dopo notte, e sovra-incise e produsse delle canzoni surf, delle canzoni d’amore e altri tipi di canzoni che lui riteneva potessero avere un’immediata presa sul mercato.
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Beh, andò in rovina. E un giorno io comprai quello studio da lui. L’accordo era questo: per mille dollari presi il comò con le manopole, l’apparecchio a 5 piste e la sua collezione di microfoni, nello studio ce ne saranno stati almeno sei. Qualcuno era anche abbastanza buono da poter essere utilizzato con un impianto audio in un locale. Presi una batteria, due pianoforti e delle tendine di bambù.
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E quindi mi sono rinchiuso nello studio per qualche mese e dopo un po’, dopo aver imparato a far funzionare quel suo grottesco apparecchio, sono riuscito a formare (dopo un problemino con la legge a Cucamonga ▶, in California, sapete) formare un complesso rock & roll chiamato le “Mothers of Invention”. Beh, si chiamava… in realtà a quei tempi si chiamava semplicemente le “Muthers”, scritto M-U-T-H-E-R-S, che era l’abbreviazione di “Figli di puttana” e nella nostra zona lo sapevano tutti, ma non ci facevano caso.
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E avevamo una band che lavorava al ehm… vediamo, al Broadside, a Pomona, in California. Il Broadside è - o era, a quei tempi - sulla Holt Avenue. E ehm… era arredato in stile tipo acquatico. In un angolo c’era una… una tuta subacquea imbottita, la birra costava un dollaro e trentacinque a boccale ed era annacquata. Pagavano la band sette dollari a testa per ogni serata, più tutta la birra che riuscivamo a berci. E abbiamo lavorato lì per, oh, deve essere stato per due settimane, fino a quando scoprirono che suonavamo cose che non passavano in radio e ci licenziarono.
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Dopo di che, siamo andati in giro a cercare da quelle parti, per trovare altri locali dove lavorare. E invariabilmente duravamo due giorni, piacevamo alle ballerine, ma tutti gli altri chiedevano: “Suonate ♫ ‘Louie Louie’” o “Suonate ♫ ‘Caravan’ con un assolo di batteria” o “Suonate ♫ ‘Bullo dal pelo lungo’” o “Suonate ‘una canzone di quest’altro tipo’”. Se non le suonavamo, fuori.
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Passò così un anno, e all’improvviso ci ritrovammo a lavorare per una festa a Los Angeles, in California. Era la prima volta che uscivamo dalla provincia verso la metropoli. E c’era un tale che stava girando un film intitolato “Mondo Hollywood”.
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Aveva organizzato una festa a casa sua e noi, sapete, dovevamo suonare musica di accompagnamento mentre loro ballavano e facevano cose strane. E lo avrebbero filmato.
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Così eravamo lì. Per dirvi come era trovare lavoro a quei tempi, quando chiamavate un locale per fare un provino, vi chiedevano quanto erano lunghi i vostri capelli, e se rispondevate che stavano ancora crescendo, riattaccavano. E quando abbiamo suonato per quel film, alla festa, i nostri capelli non erano ancora lunghi e quindi, per non fare brutta figura nel film, indossavamo tutti dei cappelli.
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Poi, dopo aver finito le riprese per quel film, in un angolo della sala c’era un ometto misterioso con una maglietta verde di nailon che ci guardava. Si chiamava Herb Cohen. Vorrei dire adesso che ci sarebbe stato impossibile sopravvivere tanto a lungo se non fosse stato per Herb Cohen. In generale, per il suo indefesso disinteresse per la musica ma, in particolare, per il suo devoto amore per il telefono. E la sua capacità di convincere gli altri a farci lavorare anche quando nessuno voleva farlo. Chiunque sia stato capace di fare questo si merita qualcosa, magari un’altra maglietta verde di nailon.
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Comunque, sentite, se per voi questo racconto sta diventando troppo noioso e/o nostalgico, lasciatemi soltanto…
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(Abbiamo appena perso il monitor da palco, Bill. Pronto. È quello sul palco? Sembra che qualcuno abbia staccato un ampli. OK? Fate continuare la musica. Ehi, così. Cercate di evitare che la gente vada in giro lì dietro. Bene)
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Bene. Dove ero rimasto? Sì. Herb vide la band, ci portò fuori dalla festa, in un nightclub dove ci avrebbero pagato un vero e proprio stipendio. E abbiamo lavorato lì per un paio di settimane, poi ci hanno trasferito in un altro nightclub dove abbiamo preso il posto di Johnny Rivers mentre lui era in tournée. Si vergognavano di noi a tal punto che fuori dal locale non misero neanche il nome della band e lasciarono il suo nome per ingannare la gente e indurla a entrare. Il Whisky a Go Go era così.
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E abbiamo lavorato lì per cinque settimane, per Elmer Valentine, e l’ultima settimana lui fu così bravo da mettere il nostro nome all’esterno dell’edificio; Dio benedica Elmer. E, durante l’ultima settimana in cui siamo stati lì, un uomo di nome Tom Wilson fu trascinato per un braccio da un altro nightclub in fondo alla via dove era andato per farsi qualche passera, fu trascinato nel locale dove stavamo lavorando e obbligato a sentirci suonare. E stando lì ci sentì fare una canzone intitolata “Problemi ogni giorno” ▲ sulla sommossa di Watts. E pensò: “Ecco una blues band di bianchi, potrebbe sempre tornarci comoda, i Righteous Brothers sono in declino”.
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Così ci firmò un contratto. Che fu per la Metro-Goldwyn-Mayer Blue Verve, non la Black Verve, ma la Blue Verve, la sezione underground della Verve. Ci diedero 25.000 dollari d’anticipo, credendo di fare davvero qualcosa di grande. Me ne sono pentito amaramente. Abbiamo firmato con loro e stiamo ancora aspettando di ricevere i nostri diritti d’autore per i primi tre anni nei quali siamo stati nel business discografico. E se fra il pubblico c’è qualcuno che vuole lavorare con la Metro-Goldwyn-Mayer, se vi fanno vedere un contratto, arrotolatelo e ditegli di ficcarselo in culo.
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E questo vale ancora al giorno d’oggi! La corruzione nel settore discografico, accidenti, è proprio… Lasciamo perdere. Dopo la casa discografica si arriva a quei disc jockey e la frittata è fatta.
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Così, dopo che Tom Wilson ci vide e fu indotto a scommettere su di noi per quella fantastica casa discografica, andammo in studio e registrammo un album intitolato “Disinibitevi!”. Ebbene, il primo giorno che eravamo lì non avevamo neanche un centesimo, cioè, non avevamo ancora preso l’assegno di 25.000 dollari, capite? Avevamo ancora fame. Vendevamo i vuoti delle bottiglie per comprarci della mortadella. E quando arrivammo in studio, metà della band non si reggeva neanche in piedi, sapete, erano proprio… non c’era abbastanza energia per suonare, così abbiamo scroccato dieci dollari a uno che doveva essere il tesoriere tirchio della casa discografica. Lui ci ha allungato di nascosto dieci dollari, siamo andati sotto a mangiare degli hamburger e poi abbiamo subito iniziato a registrare, vediamo, qual è stata la prima canzone? Credo sia stata “Da qualsiasi parte soffi il vento” ▲. Una cosa facile come quella. E hanno detto: “Oh, che numeretto melodioso”. La seconda canzone che registrammo fu “Chi sono i poliziotti del cervello?” ▲ e quelli nella cabina di regia iniziarono a muovere su e giù le sopracciglia, così. Iniziarono a fare un sacco di telefonate a New York dicendo: “Qui è andato storto qualcosa”. Prima che la giornata volgesse al termine, capirono di essere nei pasticci.
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Ebbene, ci vollero due settimane per mettere insieme quel disco, e quando ehm… è scaduto il noleggio dello studio, non era ancora finito, e indovinate quale pezzo non era completato ma è stato pubblicato lo stesso nell’album, e tutti hanno pensato che fosse esattamente come avrebbe dovuto essere? Avete indovinato, lato quattro, “Il figlio del Magnete Mostruoso”. Contiene il 10% di quello che avrebbe dovuto esserci, ma non ci concessero ulteriormente lo studio. E così finimmo per pubblicare quella… quella traccia di base con su dei rumori mostruosi. Tutto sbagliato, signore e signori.
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Fecero dunque uscire l’album. In pubblicità spesero la ridicola cifra di 5000 dollari perché pensavano di aver speso già troppo per l’affitto dello studio. Ha venduto 30.000 copie nel primo anno, e stavano cercando un modo per sbarazzarsi delle Mothers of Invention quando tutt’a un tratto si sono resi conto che il contratto li vincolava a farci registrare un altro album. Così ci hanno concesso lo studio per 15 minuti e abbiamo fatto un album intitolato “Assolutamente Liberi”. E, per un cavillo che avevano sottovalutato in un’altra parte del contratto, quando tentarono di censurarlo, scoprirono di essere a rischio di cause legali. Allora noi li spaventammo a tal punto che spesero l’enormità di 25.000 dollari in annunci pubblicitari, come quello sul retro del mensile Evergreen Review dove misero una cosa con su scritto: “Assolutamente Liberi è le banane!” L’avete visto?
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Beh, nonostante la loro pubblicità, quell’album andò bene e risvegliò l’interesse per l’album “Disinibitevi!”, e da lì in poi è andato tutto liscio.
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Adesso mi fermo qui. Non vorrei che vi intorpidiate. Abbiamo altre cose più interessanti da suonare. Ora come ora non riesco a pensare a nessuna di quelle canzoni.
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